Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”
L’arte di persuadere veniva insegnata sin dall’antichità attraverso la retorica. Indispensabile non solo per difendere i propri diritti, ma anche per vivere e trasmettere comportamenti utili e virtuosi.
In seguito, a occuparsi dell’arte di persuadere, sono state, oltre alla retorica, la semantica e la linguistica. Senza dimenticare l’ampio spazio che ha occupato e continua a occupare la persuasione nella psicologia sociale. Alla base di questo interesse resta la convinzione espressa da Sigmund Freud nella Introduzione alla psicoanalisi: «Originariamente le parole erano magiche e, ancor oggi, la parola ha conservato molto del suo antico potere magico».
Capacità di mettere in moto un processo complesso che, attraverso funzioni mentali ed emotive profondamente adattative, induce qualcuno a riconoscere la realtà di un fatto, la fondatezza di una idea, o a comportarsi in un determinato modo.
Questo vuol dire persuadere. Questa era l’antica ars oratoria. Sempre più chiave di volta, allora come ora, del potere.
Oggi la comunicazione, finalizzata a modificare le idee e i comportamenti altrui, ricorre a motti concisi e a slogan d’effetto. Troppo spesso ridotta al numero limitatissimo dei caratteri ammessi in un tweet. Lontana, quindi, dalla forza, dalla versatilità e dalla bellezza che si incontra, ad esempio, nella Institutio oratoria di M. F. Quintiliano (35/40 d.C.-96 d.C.). Questi apprezza Aristotele e Demostene, Virgilio e Cicerone. Mentre critica apertamente l’artificiosità e la brevitas dei testi di Seneca.
Certo, non tutte le forme di persuasione sono uguali. Può esserci un’azione persuasiva esplicita, particolarmente accattivante. Non meno efficace può risultare, però, una persuasione più sottile, subdola, eseguita in sordina o in maniera subliminale.
Entrambe fanno ricorso a tecniche ormai studiate, oltre che ampiamente sperimentate. La cui importanza riguarda la vita di tutti giorni, nelle sue dimensioni politiche ed economiche, ma anche nelle esperienze relazionali ed affettive.
I Greci includono la persuasione (πειθώ/peithṓ) nell’ambito della seduzione. Nell’Olimpo greco Πειθώ, la dea greca della persuasione, spesso, e non a caso, è raffigurata come una figura femminile che accompagna Afrodite.
Quasi a sottolineare la prevalenza del legame tra persuasione, delicatezza nel praticarla e amore, l’etimologia della parola persuasione rimanda al verbo latino persuadere, composto da per e dal verbo suadere, connesso con suavis (attraente, dolce, piacevole).
La persuasione, insomma, cerca di piegare dolcemente l’animo. Esclude qualsiasi azione tesa a imporre e imporsi, con la forza di prove vere o presunte.