Azzardo

Rubrica de Il Sole 24ore “Abitare le parole”

In Vite dei filosofi (IX, 1 ss.) Diogene Laerzio riporta un episodio che riguarda Eraclito. Stanco e deluso dalla politica e dagli intrighi che si consumavano nella città di Efeso, il filosofo si ritirò nel tempio di Artemide, e soleva giocare a dadi con i bambini.
Agli Efesini, che lo guardavano stupiti, disse: «Perché vi meravigliate, gente malvagia? Non è meglio far questo che occuparsi di politica in mezzo a voi?».
Scegliendo di giocare a dadi con dei bambini, Eraclito intendeva esprimere tutto il suo disappunto per la vita della comunità. Nel gesto, si capisce, non c’era niente di quello che, nel tempo, è poi diventato il gioco dei dadi. Tenendo presente che l’equivalente arabo della parola dado è azzahr; dalla quale deriva l’italiano azzardo.
L’azzardo, come lo conosciamo oggi, è inteso come se fosse solo un gioco. Basta leggere la tensione sui volti e negli atteggiamenti magistralmente dipinti in alcune memorabili opere d’arte o in testi dedicati all’azzardo. Dagli affreschi di epoca romana ai capolavori, ad esempio, di Caravaggio (I bari) e di Edward Munch (Al tavolo della roulette a Monte Carlo).
«L’uomo che gioca – scrive Baudelaire in Le Jeu – è preda di un “fervore”. Per la sua coinvolgente intensità, quasi una “febbre infernale” che lo spinge verso l’abisso che ha di fronte». Gli fa negare qualsiasi spazio e merito, virtù e abilità personali, trasformandolo, di fatto, in un superstizioso dissacratore di qualsiasi potere possa essere ricondotto alla ragione, alla saggezza o a un’avveduta progettazione della propria vita.
In tal senso l’azzardo è una sfida, è un mettersi a repentaglio. Tutto fa leva sulla intraprendenza, sul rischio, compresa la destrezza nel barare. A queste attitudini connette il successo la sempre più diffusa “cultura dell’azzardo”.
Sono tanti i casi in cui la parola azzardo viene utilizzata per parlare della vita, vista come un gioco. Con la sua dose di rischio, casualità, fortuna, sfortuna, abilità, ma anche d’imprevedibilità, che è la trama stessa della nostra esistenza.
In Rotola i dadi, abbandonando ogni etica del rischio e trasformando in poesia il suo stesso stile di vita, Charles Bukowski rivolge un insidioso invito a vedere la vita come una sfida, ad abbandonare tutte le sicurezze e ad abbassare tutte le barriere protettive. Nudi, esposti e, nello stesso tempo, invincibilmente temerari.
Dimenticando forse, il “poeta maledetto”, che il vero azzardo nella vita sta nella scelta, sì, di mettersi in gioco sempre, senza però precludersi mai la possibilità di tornare indietro quando ci si è accorti di vivere così tanto in fretta e pericolosamente da dimenticare chi si è e dove si sta andando.

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